Dubito Ergo SumDirittiDal Covid a Gaza, la lenta morte del diritto
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la morte del diritto a colpi di fucile
Diritti

Dal Covid a Gaza, la lenta morte del diritto

8 minuti di lettura

La carneficina di Gaza va ogni oltre ogni parola e rimarrà nella storia come uno dei peggiori crimini commessi dall’uomo.

Di Alessandro Bagnato 

Segna la definitiva sepoltura del mito della superiorità morale dell’Occidente e decreta la morte del diritto, colpito in quei valori assoluti sui quali esso fonda la sua ragion d’essere.

Se, infatti, i rapporti di forza hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale nel regolare le relazioni tra gli Stati, negli ultimi cent’anni erano state fissate alcune norme basilari per porre un argine alle derive più estreme, valide anche e soprattutto nel caso di guerre: è vietato colpire i civili, non si possono torturare i prigionieri, non si possono bersagliare i mezzi di soccorso e così via.

Seppure queste norme non siano sempre rispettate, dal punto di vista teorico gli Stati non le hanno mai messe in discussione. La mattanza di Gaza segna una brusca rottura di questo processo di allontanamento dalla barbarie.

Sotto le macerie di Gaza è morto anche il diritto internazionale.

Non solo l’esercito israeliano prende deliberatamente a bersaglio i palazzi e le strutture civili, le ambulanze, le famiglie in fila per gli aiuti alimentari, i bambini, i giornalisti e i volontari che cercano di alleviare le sofferenze della popolazione, ma uccide 40.000 civili, di cui la metà bambini, e lascia che i sopravvissuti muoiano per fame e sete vietando l’ingresso dei convogli alimentari e bombarda gli ospedali, lasciando che le persone vengano operate senza anestesia o muoiano per le ferite che non possono più essere curate.

Qualche istante prima dell’invasione, i soldati sionisti suonano il corno di un ariete e urlano “Distruggiamo Rafah!”.
“Stessa ideologia dell’Isis, ma fingono di essere ebrei invece che musulmani”

Dan Cohen (giornalista americano)
Israele è incapace di combattere la resistenza palestinese. I suoi soldati preferiscono uccidere i bambini e distruggere le infrastrutture civili. Nessuna distruzione cambierà la verità innegabile che Israele non è riuscito a sconfiggere la resistenza in ogni modo. Video come questo non fanno altro che confermarlo.
Dan Choen (Giornalista americano)

Ciò che segna il punto di non ritorno è che queste azioni vengano rivendicate come opportune da alti esponenti del governo israeliano. Si sono sentite dichiarazioni che non sembrano appartenere a questo mondo, dai palestinesi che sarebbero “animali umani” alla necessità di sparare ai bambini perché “sono potenziali terroristi”.

Come non bastasse, Israele si arroga il diritto di scaricare regolarmente bombe su Libano e Siria, paesi non belligeranti, fino a colpire un edificio diplomatico iraniano uccidendo diverse persone.

Pone così in essere la più incontestabile violazione del diritto internazionale, quella che viene insegnata alle università come il classico casus belli.

Nemmeno i nazisti erano arrivati a tanto.

In questo quadro di pura bestialità, appare un minus la grave dichiarazione israeliana di non volersi attenere né all’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia, che, nell’ambito del processo in cui lo Stato ebraico è imputato di genocidio, gli ha imposto di porre fine alla carneficina, né alla Risoluzione delle Nazioni Unite che chiede un urgente cessate il fuoco.

Che, a fronte di tali mostruosità, Israele venga dalle nostre parti osannato a canali e testate unificate come “l’unica democrazia del Medio Oriente” fa ben comprendere lo stato di profonda corruzione morale in cui versa l’attuale classe dirigente occidentale e la stampa che le tiene lo strascico.

Basti pensare a quale reazione avrebbe accolto un eventuale bombardamento russo dell’ambasciata britannica nel centro di Roma, con la morte di diversi cittadini britannici e italiani. Ma l’informazione al servizio dell’impero americano si strappa le vesti solo per “l’ingiustificabile” ritorsione iraniana, questa sì pienamente legittima secondo il diritto bellico.

A Gaza il diritto internazionale è morto ma era già stato ferito a morte nel quadro della guerra ucraina.

Non mi riferisco all’illegittima invasione russa, violazione che potremmo definire “classica” e paragonabile a quelle dei paesi NATO in Yugoslavia, Iraq, Afghanistan e Libia, ma al sistematico ricorso da parte dell’Ucraina al terrorismo di Stato, rivendicato come legittimo strumento bellico.

Così i servizi e l’esercito ucraino sono ricorsi all’uccisione deliberata di civili (Darya Dugina, il blogger Tatarsky, diversi politici del Donbass), hanno distrutto infrastrutture critiche di paesi terzi, peraltro alleati (North Stream), hanno continuato imperterriti a bombardare le popolazioni civili del Donbass e di Belgorod. Ora la loro follia sembra essere salita di livello, con il bombardamento della centrale nucleare più grande d’Europa, quella di Zhaporizhia, con conseguenze potenzialmente catastrofiche.

Ma ciò che, nel contesto della questione ucraina, più di tutto ha minato alle fondamenta il diritto internazionale sono state le rivelazioni di Merkel e Hollande rispetto agli accordi di Minsk, che avevano previsto la fine dell’aggressione ucraina al Donbass sotto la garanzia di Francia e Germania.

I due statisti hanno spiegato di aver firmato solo per dare tempo all’Ucraina di riarmarsi, senza alcuna volontà di tenere fede a quanto negli accordi pattuito.

Per comprendere l’impatto di un tale comportamento sull’ordinamento giuridico internazionale, si consideri che esso si sostanzia di norme consuetudinarie fondamentali e norme pattizie derivanti dagli accordi tra gli Stati. Queste ultime si fondano a loro volta sul principio consuetudinario “pacta sunt servanda”, i patti si rispettano.

Il diritto pattizio ha senso infatti solo se che chi sta per firmare un patto può contare nella buona fede dell’altro al momento dell’accordo. Non è pertanto la violazione del patto per intervenuta volontà successiva a mettere in crisi i principi dell’ordinamento – per quanto esecrabile, è un dato abituale, si pensi solo alle giravolte del nostro paese nelle due guerre mondiali – ma l’inganno al momento dell’accordo.

Su queste basi, nessuno si può più fidare di nessuno e lo strumento pattizio non può più svolgere la sua funzione.

Dopo ciò che è avvenuto a Minsk, come mai potrebbe la Russia fidarsi ove l’Occidente proponesse un patto per la fine delle ostilità in Ucraina o di qualsiasi altro tipo? E quanto vale per la Russia vale per qualsiasi altro Stato.

irruzione della polizia ecuadoregna nell’ambasciata messicana a Quito per per arrestare l’ex presidente Glas

Dappertutto nel mondo si è compreso che le norme basilari del diritto internazionale hanno perso la loro efficacia e non tutelano più. Così, da un lato è scattata un’imponente corsa al riarmo, dall’altro si verificano, anche fuori dai casi di guerra, episodi impensabili fino a poco tempo fa, come l’irruzione della polizia ecuadoregna nell’ambasciata messicana per per arrestare l’ex presidente del paese.

Perché, se la ragion d’essere del diritto è porre un freno alla prevaricazione del più forte, una volta che esso salta per aria si torna alla legge delle pistole.

Vero è che le norme giuridiche sono spesso espressione degli interessi dei vincitori/dominatori ma ciò non toglie che, una volta poste, esse vincolino anche loro, che vengono così limitati nel loro arbitrio.

E’ il passaggio che ha permesso di superare l’assolutismo, caratterizzato invece dalla posizione del sovrano come “legibus solutus”, ossia sciolto dal dovere di rispettare la legge.

Ecco perché il crollo del diritto pone rischi enormi, considerato che il fenomeno si verifica quando gli Stati sono forniti di armi nucleari in numero e potenza tale da poter distruggere centinaia di volte il pianeta.

Purtroppo, la crisi epocale del diritto internazionale non è che una manifestazione di una eclissi del diritto in senso lato, ben visibile nei paesi dell’Occidente.

Per stare al contesto della guerra ucraina, ne sono espressione i provvedimenti del tutto arbitrari contro i cittadini russi, privati dell’accesso al conto corrente – in alcuni Stati baltici persino dei loro beni – soltanto in virtù della loro nazionalità.

Una sorte che è toccata anche ad alcuni giornalisti occidentali colpevoli di essere “filo-russi”, ossia, fuori dalla propaganda, di riportare anche le opinioni dei cittadini del Donbass.

Le prime manifestazioni eclatanti di una simile deriva si sono prodotte in epoca Covid, con restrizioni alle libertà personali dettate da norme gravemente violative sia delle Costituzioni nazionali che di numerosi patti internazionali.

Gli Stati hanno spesso formalmente agito rispettando le leggi (emanate ad hoc) ma queste stesse leggi contravvenivano in maniera evidente alle norme di rango superiore a tutela dei diritti fondamentali.

Per motivi che qui sarebbe lungo analizzare, i giudici non hanno saputo e voluto sanzionare queste clamorose violazioni, giustificandole con la situazione di emergenza.

Si sono dimenticati che le Costituzioni nascono per arginare il potere degli esecutivi e non può bastare un emergenza – vera o presunta – da essi stessi dichiarata perché se ne possano affrancare.

Se così è, le Costituzioni non servono più. Non è certo un caso che le crisi siano di fatto diventati permanenti. Dal terrorismo, al Covid all’Ucraina al clima, i governi hanno trovato il grimaldello giusto per scardinare la democrazia.

Nel periodo pandemico si sono registrati episodi ancora più gravi, in cui gli Stati hanno operato senza nemmeno la copertura delle leggi ordinarie ponendosi così al di sopra del diritto, alla stregua dei sovrani “legibus soluti”.

Il caso più noto è l’acquisito dei cosiddetti vaccini Covid, autorizzato dalla Von Der Leyen tramite scambio di sms, che non si sono potuti nemmeno visionare in quanto successivamente cancellati. Le regole che disciplinano gli appalti per evitare episodi corruttivi sono state bypassate proprio nell’acqusito più oneroso della storia UE.

Almeno due casi clamorosi hanno riguardato il nostro paese e, per quanto gravi, non hanno ottenuto l’attenzione che meritavano.

Durante le votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica è stato negato il voto all’onorevole Sara Cunial in quanto sprovvista di certificato verde, facendo leva sul fatto che solo questo documento garantisse la non contagiosità.

L’episodio è già grave in sé, avendo privato un parlamentare del suo diritto di voto costituzionalmente garantito, ma diventa ancora più grave ove si consideri che ai parlamentari positivi al Covid la votazione è stata invece consentita, allestendo un apposito seggio fuori dal palazzo. Si è così permesso di votare a chi era sicuramente contagioso e non a chi avrebbe solo potuto esserlo.

Cosa garantisce che si troverà un giorno una qualche altra scusa inconsistente per evitare a un parlamentare scomodo di esercitare il suo diritto/dovere di rappresentanza?

Il secondo episodio riguarda quanto capitato a luglio 2021 in merito alla traduzione del Regolamento UE che istituiva il certificato verde. Mentre il testo originale UE precisava che il documento non doveva discriminare chi non poteva o sceglieva di non “vaccinarsi”, nella traduzione italiana le parole “hanno scelto” sparivano, permettendo così la discriminazione dei soggetti che avevano scelto di non sottoporsi a inoculazione.

La morte del diritto Reg.953 tradotto senza l'opzione della scelta

In maniera truffaldina, il governo Draghi si è inventato una legge inesistente dandosi il potere arbitrario di comprimere i diritti fondamentali. Volendo peraltro far credere che questo comportamento fosse completamente conforme alle norme europee, invece opportunamente distorte.

Il vulnus è poi stato sanato correggendo la traduzione ma un tale comportamento finisce per minare alla radice ogni fiducia del cittadino nello Stato. Secondo lo stesso principio, domani l’esecutivo potrebbe pubblicare in Gazzetta Ufficiale un testo diverso da quello approvato in Parlamento, senza che nessuno se ne accorga.

La verità è che

questi colpi di maglio all’ordinamento giuridico vanno letti all’interno di un più generale progetto volto a sostituire il diritto con un sistema di credito sociale che consente di trasformare i diritti fondamentali in concessioni elargite dal Potere.

A ciò si intende affiancare un controllo giurisdizionale sottratto agli umani e affidato a algoritmi impersonali, che garantirebbero più velocità e imparzialità. A completare l’opera si vorrebbe introdurre la “giustizia predittiva”, che consentirebbe di prevenire ex ante i reati invece che punirli ex post, individuando, con algoritmi sempre più precisi, chi sta per commettere un delitto prima che passi all’azione.

Si potrebbe insomma essere puniti senza aver commesso alcunché, solo perché identificato come potenziale criminale sulla base di criteri automatici impostati chissà come e per quali interessi. Un esempio della deriva a cui un tale sistema potrebbe portare è emerso, qualche giorno fa, su un giornale israeliano. A Gaza l’esercito israeliano utilizzerebbe l’intelligenza artificiale per individuare i civili palestinesi “potenzialmente” associabili al terrorismo. Dopo venti secondi dall’automatico verdetto, il militare spara.

E’ una notizia che dà i brividi e che potrebbe dare ragione dei numerosi video che mostrano i soldati israeliani uccidere di proposito civili inermi che attraversano la strada o che hanno le mani alzate, ecc, siano uomini, donne o bambini. Chissà quanti di questi erano “associabili” al terrorismo magari perché vicini di casa di un esponente di Hamas che nemmeno sapevano essere tale.

Ma come è possibile che si intendano oggi mettere in discussione principi così fondamentali per la convivenza civile?

La crisi del diritto, e con esso della democrazia, non è in realtà che l’espressione di una crisi di valori che in Occidente ha assunto dimensioni drammatiche. Cade il fondamento della convivenza civile perché l’uomo non sa chi più chi è e quale sia il senso del suo stare al mondo. Per questo non stupisce che il mondo occidentale stia perdendo il confronto con quei paesi che hanno mantenuto un legame più solido con le proprie radici storiche e valoriali, dalla Cina alla Russia allo stesso mondo africano.

L’Occidente è caduto nel buco nero del nichilismo e, ora che anche la democrazia e il diritto nei suoi confini tramontano , non ha nulla più da offrire al resto del mondo. Nemmeno potrà presto mettere in vetrina il suo benessere materiale, in virtù delle scellerate scelte che stanno portando l’Europa verso un impoverimento di dimensioni che ancora non immaginiamo. 

Se si vuole uscire da questa spirale, allora non basta affrontare una a una le gravi questioni che via via si presentano, siano esse la guerra, la censura, il trattato pandemico OMS, la compressione quotidiana dei diritti. Per quanto sia doveroso agire per porre argine a ogni passo verso la barbarie, le toppe non servono se il tessuto non tiene. Occorre ricostruire dalle fondamenta le nostre società, partendo dal recupero del senso del nostro vivere.

Negli anni Covid, il professor Montagnier, mettendo in guardia dalla possibilità che l’m-RNA dei cosiddetti “vaccini” potesse integrarsi nel DNA umano, diceva che se ciò fosse accaduto sarebbero stati coloro che non si erano sottoposti alle inoculazioni a salvare il genere umano. 

Così, forse un giorno dovremmo ringraziare i popoli del resto del mondo per aver resistito al nostro imperialismo ideologico, mostrando all’Occidente una via d’uscita dal suo cupio dissolvi.

Dal Covid a Gaza. La lenta morte del diritto. 
Pubblicato su Sfero il 20 aprile 2024, di Alessandro Bagnato 

Foto di Somchai Kongkamsri da Pexels

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”La saggezza arriva con l’abilità di essere nella quiete. L’essere nella quiete,l’osservare e l’ascoltare, attiva in voi l’intelligenza non concettuale. Lasciate che la quiete diriga le vostre parole e le vostre azioni.“ ~ Eckhart Tolle

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