Avete mai fatto caso a come la parola banca centrale sembri ammantata da un qualche tipo di neutralità tecnica, quasi metafisica, un ché di rassicurante.
Però quando provi ad aprirne il Caveau, scopri che dietro ci sono guerre, presidenti morti in circostante, diciamo curiose, sistemi economico-finanziari che collassano e popoli che ne pagano il prezzo.
Nota: L’immagine di copertina della BCE è di repertorio e ha scopo puramente illustrativo. Non esiste alcun nesso coi contenuti e i fatti narrati nell’articolo.
La storia economica sembra un teatro dove gli stessi attori interpretano ruoli che pur cambiando nome hanno la stessa funzione.
Non è un caso se chi tocca la moneta, chi prova a spostarla fuori dal recinto del potere, finisce quasi sempre male.
Pensiamo a Lincoln che emette i Greenbacks aggirando le banche europee, cinque giorni prima di finire in un teatro che diventerà un simbolo più della sua fine che della sua vita.
O a McKinley, 25º presidente degli Stati Uniti d’America, che propugnava il gold standard mentre altri spingevano per una valuta flessibile e più manipolabile, e un anarchico gli cambia la storia in pochi secondi.
E non penso che sappiate dei tre magnati che osteggiavano la nascita di una banca centrale americana e salgono su una nave che doveva essere inaffondabile, mentre un certo J.P. Morgan, proprietario della nave1, rinuncia misteriosamente all’imbarco all’ultimo minuto.
Benjamin Guggenheim, Isidor Straus e John Jacob Astor IV erano le icone di quell’élite che aveva prosperato nel capitalismo americano prima di ogni seria regolamentazione bancaria.
All’epoca incarnavano quegli interessi economici che si erano storicamente opposti alla nascita di una banca centrale forte e pubblica negli Stati Uniti, rappresentando l’alta finanza e l’industria di New York, che era uno dei principali focolai di resistenza al movimento che avrebbe portato alla creazione della banca centrale americana.
La loro scomparsa nel 1912 coincise quasi simbolicamente con la fine di un’epoca e l’avvento del nuovo sistema l’anno seguente.
Il Titanic affonda, la Federal Reserve nasce l’anno dopo.
Quante volte la storia piega le coincidenze fino a spezzarle?

A quel punto capisco che la banca centrale non è solo un’istituzione monetaria, è un campo di battaglia.
Lo è per Huey Long che, con lo “Share Our Wealth“, prova a limitare la ricchezza concentrata e il 10 settembre 1935 finisce colpito in circostanze che non hanno mai smesso di puzzare.
O per McFadden che accusa la Fed di tradimento e il 1° ottobre 1936 cade a terra dopo un banchetto, archiviato come un infarto qualsiasi.
Lo è per J.F. Kennedy che firma l’ordine esecutivo che restituisce al Tesoro la capacità di emettere moneta d’argento aggirando la Fed, e dopo il 22 novembre 1963 è storia – leggi Deep State: le denunce di Eisenhower e Kennedy (parte tre).
O ancora per Larry McDonald che denuncia élite e poteri sovranazionali, sale su un aereo che il 1° settembre 1983 “devia” nello spazio aereo sovietico e sparisce in una storia che per dieci anni resta senza scatole nere accessibili, senza voce, senza verità.
E lo è perfino per Thomas Sankara, che rifiuta i prestiti del FMI e della Banca Mondiale per non consegnare il suo popolo al debito eterno, e pochi mesi dopo, il 15 ottobre 1987, si ritrova nella lista degli eroi assassinati che hanno osato dire NO.
E come non ricordare Gheddafi, che forse più di altri aveva intuito dove stava andando il mondo quando provò a restituire all’Africa una sovranità monetaria reale, parlando di un dinaro africano sostenuto dall’oro, fuori dal dollaro e dal franco CFA.
Un’idea semplice e per questo intollerabile, perché avrebbe spezzato secoli di dipendenza economica mascherata da cooperazione, e guarda caso da quel momento la sua figura smise di essere un leader scomodo e diventò improvvisamente un “problema umanitario” da risolvere con le bombe.
Il 20 ottobre 2011 morì per mano degli “oppressi” fratelli musulmani, addestrati nei campi di addestramento della NATO.
Mi domando cosa possa accomunare vicende così lontane, così diverse, e ogni volta arrivo allo stesso punto:
chi tocca la sovranità monetaria tocca la sovranità politica.
Chi rifiuta prestiti, debiti, ancore esterne, rischia di scoprire che la geopolitica non perdona.
Trovo estremamente curioso che nel 2001 gli unici paesi senza ancora una banca centrale controllata dall’Occidente fossero Iraq e Afghanistan, e che le motivazioni per entrare nei loro confini siano arrivate puntuali come un orologio svizzero.
La storia vorrebbe che l’11 settembre 2001 il WTC fu “attaccato da terroristi arabi” e per questo gli USA invasero l’Afganistan per catturare “l’arabo” Osama Bin Laden.

Nel luglio 2001, poco prima dell’11 settembre, Larry Silverstein aveva appena firmato il contratto di locazione per 99 anni. Il complesso immobiliare era coperto da una polizza che includeva anche “atti di terrorismo” e danni causati da “aerei o veicoli spaziali”.
MACCHESTRANO! Direbbe Malanga.
Alla fine, Silverstein ricevette circa $4,55 miliardi in compensi assicurativi. Questo fu il più grande singolo pagamento assicurativo della storia per una proprietà immobiliare2.
Il WTC viene distrutto e gli amici degli amici ne trassero profitto con le assicurazioni.
Ma immagino che pochi o quasi nessuno ricordi che solo due giorni prima del crollo delle torri gemelle, il 9 settembre 2001, il Generale afgano Massoud3 fu assassinato per mano di sicari inviati da – indovinate un pò – ma da Osama Bin Laden! Che fino ad allora era probabilmente un’affidabile agente dei servizi americani.


di Giulio Laurenti
Edizioni libreria Croce – 1°ed. maggio 2025
Nell’arco di poco più di 48 ore si eliminano due problemi per gli U.S.A.. Quando si dice “prendere due piccioni con una fava”, alla C.I.A. hanno il senso dell’umorismo4.
Avevo quasi 30 anni quando

“Durante il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 5 febbraio 2003, a New York, Colin Powell denunciò l’Iraq come produttore di armi di distruzione di massa con una presentazione PowerPoint e come prova concreta agitò una fialetta contenente della polvere bianca (antrace).
Un mese dopo l’Iraq fu invaso: successivamente le affermazioni di Powell risultarono completamente false, come dovette ammettere lui stesso.[5]”
da Wikipedia
Non serve essere complottisti per riconoscere dei pattern/schemi che si ripetono. Serve solo la capacità di osservare.
Ed è questa osservazione che oggi mi porta in Europa. Qui la storia della moneta non è meno inquieta, solo più elegante nella forma.
Ho letto un articolo che riporta l’analisi di Martin Armstrong. L’ho riletto in più riprese: parla di una UE che usa la guerra come pretesto per giustificare un fallimento sistemico, un default mascherato da emergenza.
Parla di una BCE che, nel momento in cui concentra potere e gestisce le riserve auree delle banche nazionali, non risponde più a popoli ma a un’architettura tecnica, opaca, lontana.
E’ un caso che in questo periodo, mentre i cittadini fanno i conti con inflazione, precarietà e tagli al welfare, l’Europa si stia trasformando in un colosso militare?
Un caso che proprio adesso stiano arrivando piani da centinaia di miliardi per armi e difesa, mentre gli stessi bilanci considerano scuola, sanità e coesione sociale come voci da ritoccare al ribasso?
Sapete, chiede per un amico.
Qui la banca centrale diventa di nuovo la chiave del racconto, il punto in cui moneta, potere e guerra smettono di essere capitoli separati.
Leggo le analisi geopolitiche5 degli ultimi mesi:
e vedo che i movimenti pacifisti, gli economisti non allineati, le ONG che si occupano di diritti civili dicono cose molto simili: la crisi permanente diventa un alibi perfetto per spostare ricchezza, per ridurre trasparenza, per riscrivere priorità politiche senza passare dal consenso. anche se pilotato.
E allora mi chiedo cosa significhi davvero difendere ancora la “democrazia”, se le decisioni più pesanti vengono prese quando la gente ha paura e non quando può ragionare lucidamente.
Leggo i documenti ufficiali che parlano di comunità energetiche, di resilienza, di sostenibilità, ma allo stesso tempo vedo piani di riarmo che sembrano scritti per un mondo che si prepara alla guerra invece di evitarla.
In fin dei conti credo che questo sia solo un modo grezzo, per usare un eufemismo, per prendere atto che il vecchio modello economico è arrivato alla frutta e che i già noti “invisibles“ cerchino di gestire la sostituzione, senza assumersi la responsabilità di dichiararlo apertamente.
Nel frattempo osservo il ritorno dell’oro, dei metalli preziosi, come rifugio psicologico prima ancora che economico.
Armstrong lo sottolinea nell’articolo:
quando la fiducia nella moneta cala, il metallo rialza la testa.
Siamo davvero così lontani dai cicli della storia, o stiamo semplicemente guardando un vecchio copione recitato con nuovi attori?
Perché la domanda vera, quella che faccio a me stesso mentre scrivo, è una sola:
cosa accade quando la moneta non è più uno strumento della comunità ma un’arma nelle mani del potere?
Ed è così che la banca centrale smette di essere un’istituzione neutra, almeno in apparenza, e diventa una scelta politica.
Diventa il luogo dove si decide chi paga la crisi, chi la subisce, chi ne trae beneficio. Diventa la risposta alla domanda che nessuno vuole fare:
quanto è democratico un sistema che delega la gestione del denaro a un’entità che non deve rispondere al popolo?
Ripercorrendo tutte queste storie, da Lincoln alla BCE, mi torna continuamente in mente una domanda lunga, una di quelle che ti resta addosso per giorni:
quanto del nostro futuro viene scritto nei consigli delle banche centrali prima che noi possiamo anche solo accorgercene?
E subito dopo ne arriva un’altra, più semplice ma più scomoda:
chi decide davvero quando una crisi nasce e quando una guerra diventa necessaria?
Ma forse la riposta la conosciamo già solo che facciamo finta di non vederla, perché ammetterla cambierebbe troppe cose tutte insieme.
Perché significherebbe riconoscere che il centro di gravità del mondo non sono i parlamenti, non sono i governi, non sono le urne, ma l’intreccio, sotterraneo ma solidissimo, tra moneta, debito e potere.
Significherebbe accettare che la politica che conosciamo è spesso la facciata di un meccanismo vecchio millenni, più silenzioso e più stabile di qualsiasi maggioranza elettorale.
E soprattutto significherebbe guardare in faccia una verità che nessuno vuole pronunciare: che le crisi non nascono per caso, ma vengono avviate di proposito.
Che le guerre non scoppiano, ma vengono permesse, per non dire preparate a tavolino. Che il futuro non sempre arriva per virtù e spirito santo, a volte viene scritto prima che qualcuno abbia il coraggio di leggerlo.
E allora, forse, capisco perché questa risposta non la diciamo mai ad alta voce.
Perché porta con sé un’altra domanda, ancora più grande:
se il potere di decidere il valore della moneta è nelle mani di pochi, chi decide il valore delle nostre vite?
Se la stabilità economica può essere manovrata come una leva, cosa rimane della libertà quando la leva si abbassa nel momento sbagliato?
Forse la risposta la conosciamo già, sì. Ce l’abbiamo davanti ogni volta che una crisi arriva con la precisione di un appuntamento. Ogni volta che la guerra diventa inevitabile solo dopo essere diventata conveniente. Ogni volta che il racconto ufficiale chiede fiducia e il mercato, puntualmente, se la prende.
E allora non resta che una scelta: continuare a vivere dentro la narrazione che ci consegnano o iniziare a guardarne i bordi, le cuciture, gli spazi vuoti. Perché è lì, nei silenzi e nelle omissioni, che il potere mostra la sua vera e satanica forma.
E una volta che la vedi, non puoi più tornare indietro.
Note:
- J.P. Morgan non era il proprietario diretto del Titanic. La nave apparteneva alla White Star Line, che però era controllata dal suo trust navale, l’International Mercantile Marine. Quindi non possedeva il Titanic come bene personale, ma ne aveva il controllo finanziario e strategico. ↩︎
- Ci fu una grande disputa legale scaturita dopo l’11 settembre non riguardava la copertura assicurativa in sé – che includeva gli atti terroristici e i danni da aerei – ma se i due impatti contro le Torri Nord e Sud costituissero un unico evento oppure due eventi separati. Larry Silverstein sosteneva che si trattasse di due attacchi distinti, il che avrebbe raddoppiato il risarcimento massimo a circa 7 miliardi di dollari. Le compagnie assicurative, al contrario, affermavano che l’intero attacco fosse un singolo evento coordinato, con un limite di circa 3,5 miliardi. Dopo anni di battaglie giudiziarie, la controversia si risolse con un accordo che portò a un pagamento complessivo di circa 4,55 miliardi di dollari, una somma intermedia ma record nella storia assicurativa. ↩︎
- Ahmad Shah Massoud (1953–2001) era un leader militare e politico afghano, noto come il “Leone del Panjshir”. Fu uno dei principali comandanti della resistenza mujahideen contro l’invasione sovietica negli anni ’80, e in seguito contro il regime dei Talebani negli anni ’90. Era anche il leader dell’Alleanza del Nord, una coalizione di gruppi anti-talebani.
Durante la guerra contro l’Unione Sovietica, gli USA finanziarono e sostennero i mujahideen attraverso la CIA (Operazione Cyclone), ma Massoud non fu mai uno dei principali destinatari di questo supporto.
Quando i Talebani presero il controllo dell’Afghanistan (1996), Massoud divenne il loro principale oppositore. Tuttavia, gli USA in quel periodo non consideravano l’Afghanistan una priorità strategica e non sostennero attivamente Massoud. Anzi, l’amministrazione Clinton e quella Bush (all’inizio) mantenevano una certa distanza, anche a causa delle complessità regionali (legami del Pakistan con i Talebani, instabilità in Asia centrale, ecc.).
Massoud non era visto di buon occhio dai servizi statunitensi perché non era un alleato affidabile nel senso tradizionale era un nazionalista afghano e non un fantoccio occidentale, perseguiva una visione politica spesso non allineata con gli interessi USA. Inoltre, le sue alleanze all’interno dell’Alleanza del Nord — composta da gruppi etnici frazionati e figure controversi come Dostum — sollevavano preoccupazioni sulla stabilità della regione. Infine, appoggiarlo apertamente avrebbe rischiato di irritare il Pakistan, alleato strategico degli Stati Uniti.
Nei mesi precedenti l’11 settembre 2001, Massoud aveva cercato invano di attirare l’attenzione internazionale sulla minaccia di Al-Qaeda e dei Talebani. Finché non fu assassinato dai sicari di Al-Qaeda. ↩︎ - La CIA ha avuto interazioni con i mujaheddin afghani, inclusi alcuni arabi, durante la guerra anti-sovietica negli anni ’80, ma, ovviamente, non ci sono prove che Bin Laden stesso sia stato reclutato, addestrato o controllato dall’agenzia. ↩︎
- Il documento sostiene che la geopolitica è ormai diventata un modello di business. La guerra in Ucraina non è solo un conflitto, ma il catalizzatore di un nuovo ordine industriale in cui armi, investimenti pubblici e profitti privati sono interconnessi. Europa e Stati Uniti stanno ricostruendo un sistema di difesa permanente, potente ma eticamente ambiguo, dove la scelta di investire in sicurezza comporta inevitabilmente il prezzo di scuole non costruite, ospedali rinviati e società più militarizzate.
Leggi l’approfondimento: “La geopolitica come forza trainante: l’impatto del conflitto ucraino sulle strategie di difesa e sui mercati degli armamenti” ↩︎
Fonti:
– https://www.bancaditalia.it/compiti/riserve-portafoglio-rischi/riserve-oro/index.html
– https://www.milanofinanza.it/news/fdi-e-l-oro-della-banca-d-italia-un-falso-allarme-202512121931009932
Immagini:
– Foto di copertina ProfessionalPhoto da Pixabay
– Greenback: Di National Museum of American History – Image by Godot13, Pubblico dominio
– Di Adam Cuerden – Heritage Auctions, Pubblico dominio
– Manifesto propagandistico di McKinley per la campagna di rielezione presidenziale del 1900, con il motto “prosperità interna, prestigio all’estero” e il robusto sostegno di una moneta “solida” come l’oro. Di Northwestern Litho. Co, Milwaukee – Pubblico dominio,
– Di T. Dart Walker – Government, Pubblico dominio
– Titanic Di Willy Stöwer – Magazine Die Gartenlaube, Pubblico dominio
– Benjamin Guggenheim Pubblico dominio,
– John Jacob Astor IV Di Sconosciuto – Pubblico dominio
– Isidor Straus Di James E. Purdy
– senatore Huey Pierce Long Jr. credits Harris & Ewing, photographer
– Colin Powell di The White House. – Pubblico dominio (curiosamente l’immagine di Powell mentre agita la fialetta contenente la presunta antrace è introvabile scoperta da copyright).
– WTC Di Michael Foran, CC BY 2.0
– foto Massoud: https://www.giuliaguidobaldi.com/2018/02/sulle-orme-di-massoud-nellhindu-kush-tra-natura-e-storia/
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