A gennaio è uscito sul New York Times un articolo molto interessante, a proposito del digital detox, intitolato:
I Was Addicted to My Smartphone, So I Switched to a Flip Phone for a Month
NewYorkTimes
Ero dipendente dal mio smartphone, così sono passata ad un telefono di precedente generazione per un mese
L’autrice, grazie alla sua app di valutazione d’uso del suo smartphone, ha ottenuto una valutazione definita “malsana”, paragonata alla sensazione che si prova dopo aver bevuto troppi bicchieri di vino.
La decisione che ne è conseguita è stata sì drastica ma molto interessante, ovvero:
abbandonare il proprio Iphone di ultima generazione e munirsi di un cosiddetto “dumbphone”
(letteralmente “telefono stupido), che effettua solo chiamate e sms (rigorosamente con T9)!
Per chi è nato nei miei anni (non sono una millenial, né gen-z o alpha) conosce benissimo questi cellulari e sa quanto impegno e quanta perizia ci occorreva per scrivere un sms che immancabilmente finiva per diventare due, quando il numero di parole superava un certo limite.
Chi ha avuto telefoni successivi ai primi modelli, poi, si è beato della comparsa del gioco “snake”, di uno schermo un po’ più grande o di un corpo del telefono più sottile.
C’è da dire però che il cellulare, nei primi anni ’90, non era così diffuso ed ancora, molto spesso, si ricorreva invece al telefono fisso (i più sfigati ancora con il disco che girava) o all’appuntamento alla solita ora al solito luogo per potersi incontrare con gli amici.
La giornalista, nel suo articolo, spiega come – di fronte alle difficoltà di scrivere un sms piuttosto articolato, abbia preferito riprendere a telefonare direttamente alle persone con cui doveva entrare in contatto ma questo, scrive, ha generato dei problemi in quanto
“la maggior parte delle persone non vuole che il proprio telefono funzioni come un telefono“
Questa sembrerebbe una battuta ma in realtà è una drammatica realtà: i telefonini, una tecnologia creata effettivamente per “avvicinare le persone” si è poi trasformata in uno smartphone che ha costruito un muro tra di esse. Un pò come i social che si stanno dimostrando degli strumenti di polarizzazione e divisione sociale.
Personalmente ho già sperimentato più di una volta la crisi esistenziale che mi sorge quando intendo chiamare qualcuno al telefono, per superare la quale di solito precedo la telefonata con un messaggio: “posso chiamare?“
Più il telefono è complesso, più semplifica la nostra vita?
A quanto pare non è sempre così.
Ed arriviamo ad un problema il cui nome non è molto conosciuto ancora: la nomofobia.
La parola nomofobia sembra sia un termine nato proprio negli anni 2000 dall’adattamento del termine inglese nomophobia, formato da no-mo(bile) ‘senza cellulare’ e phobia ‘paura’ (dal greco).
Questo disturbo psicologico crea interferenze nella produzione di dopamina, il neurotrasmettitore che regola il meccanismo della ricompensa e della motivazione, con conseguente stato di ansia, panico, comportamenti ossessivi e problemi relazionali.
Sull’onda di questa preoccupazione e con la spiccata capacità di molti giovani (e di molti grandi marchi di produzione di gadget e prodotti per i giovani), di
rendere “trendy” ciò che non lo è, si parla di “digital detox“, cioè di disintossicazione dal digitale.
Si sta iniziando, in certi ambienti (i più “cool”?) a rispolverare, con un certo sapore di nostalgia, i vecchi modelli, rivisitati e resi più accettabili, davanti ad una platea tanto esigente, così come girano in web e riviste guru sapienziali che spiegano come entrare a patti con una vita non del tutto digitalizzata.
Tra le grandi marche emerge Heineken, che ha lanciato una campagna in collaborazione con Bodega dal titolo “The boring phone – There’s more to social life when there’s less on your phone” (come a dire che c’è molto più nella tua vita sociale quanto meno c’è sul tuo telefono).
Interessante che come capofila di questa campagna contro la dipendenza digitale sia una marca produttrice di birra, considerato che l’abuso di alcol sia una dipendenza molto grave e molto diffusa in ogni angolo del globo.
Ma che ci vuoi fare, il paradosso diabolico del capovolgimento della realtà delle cose si potrebbe argomentare, tirando in ballo l’esoterismo simbolico, che proprio nel marchio della famosa birra vede i tre 6 della bestia capovolti in bella vista, certo solo per quei complottisti che hanno bevuto troppa birra, forse, oppure no?
La domanda tuttavia resta:
viviamo meglio o peggio GRAZIE agli smartphone?
Ognuno risponda secondo la propria esperienza e secondo la propria sensibilità e coscienza, ma vorrei porre in luce solo una intuizione personale, parlando soprattutto dei giovani e giovanissimi: proibire o negare qualcosa in genere aumenta la curiosità e il bisogno di superare i divieti.
Meglio argomentare ed accrescere il più possibile la consapevolezza; stimolare un dialogo su cosa significa davvero sentirsi “liberi” o “digital detox” di fronte al “canto delle sirene” che la modernità ci offre perché a volte, a fronte di maggiore comodità, stiamo rinunciando alla nostra libertà.
foto di copertina: idibit.de