Dubito Ergo SumAgroalimentarel’agricoltura senza agricoltori
Dubito Ergo SumAgroalimentarel’agricoltura senza agricoltori
l'agricoltura senza agricoltori
Agroalimentare

l’agricoltura senza agricoltori

7 minuti di lettura

L’agricoltura sta davvero cambiando faccia, e gli agricoltori del futuro assomiglieranno più a yes men in giacca e cravatta che faranno più attenzione alle quotazioni in borsa che alle condizioni meteo.

A lavorare la terra ci saranno o gli immigrati a basso costo per la felicità dei radical chic de sinistra o ci saranno macchine robotiche, più green ed ecosostenibili secondo i dettami dei malati di Davos.

Questo dovrebbe far accendere il neurone a quelli che ignorano che Bill Gates è diventato il più grande proprietario terriero d’America:

Così, mentre in Sardegna avanzano espropri selvaggi per installare enormi Pale eoliche green e in Danimarca gli allevatori  dovranno pagare un tassa per i rutti e i peti delle mucche (non scherzo, nda) appare chiaro che «il vero scopo non sia quello di salvare il pianeta, quanto piuttosto di penalizzare al massimo gli allevatori ( e agricoltori, nda) privati, in modo da prendere il controllo della catena alimentare e passarlo nelle mani delle grandi multinazionali» (cit. Mazzucco).

Sullo sfondo di questa scacchiera alimentare si muovono una serie di stakeholder, ovvero portatori di interesse (che quasi sempre non coincide con quello della popolazione), che si stanno praticamente mangiando, è il caso di dire, il futuro degli agricoltori e delle piccole e medie imprese in generale.

Di seguito vi propongo l’articolo apparso il 2 luglio 2024 su The Defender, che ci illumina sul ruolo dei grandi marchi (che sarebbero tutti da boicottare, nda) nel mercato dell’approvvigionamento alimentare globale:


Cibo senza agricoltura: Coca Cola, Nestlé, Pepsi tra i giganti del cibo ultralavorato che gestiscono la politica alimentare globale

Una nuova ricerca fa luce sulla complessa rete di produttori di alimenti ultra-lavorati che controllano la politica alimentare e sanitaria globale. Secondo gli analisti, questi risultati rendono tangibile il rischio di un futuro dell’agricoltura senza agricoltori.


I produttori di alimenti ultra-lavorati sono attori chiave di una complessa rete globale di gruppi di influenza in cui esercitano un potere sproporzionato sulla politica alimentare globale e sulla politica nutrizionale, secondo un nuovo articolo pubblicato su Agriculture and Human Values.

Gli appelli a trasformare la governance alimentare globale da un modello dominato dalle multinazionali a un modello “multi-stakeholder” – guidato da organizzazioni come il Forum Economico Mondiale (WEF, acronimo di World Economic Forum) – hanno portato alla proliferazione di iniziative, partnership, piattaforme e tavole rotonde di istituzioni multi-stakeholder in gran parte responsabili dell’istituzione di nuove “soluzioni” globali ai problemi agricoli.

Queste iniziative multi-stakeholder si basano su una visione promossa da Klaus Schwab, secondo cui le aziende private sono “stakeholder” chiave che dovrebbero assumere un ruolo di leader nello sviluppo sostenibile e posizionarsi come “fiduciari della società“, scrivono gli autori.

Di conseguenza, le istituzioni multi-stakeholder più importanti e potenti sono in gran parte guidate da membri del consiglio di amministrazione provenienti da produttori di alimenti ultra-lavorati, rivenditori e associazioni commerciali, ha rilevato lo studio.

“Quanto abbiamo scoperto suggerisce che ora abbiamo un sistema di governance alimentare globale allineato alle multinazionali e guidato da più stakeholder, organizzato in modo sproporzionato da attori specifici con interessi comuni nel promuovere l’industria degli alimenti ultra-lavorati”, ha dichiarato a The Defender l’autore principale Scott Slater, dell’australiana Deakin University.

“Tra gli attori principali figurano dirigenti di Unilever, Nestlé, PepsiCo, The Coca-Cola Company, WEF, Mars, DSM, Rabobank, il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) e Danone”,

ha aggiunto.

Ciò significa che queste aziende e organizzazioni sono diventate i motori principali delle politiche globali per affrontare problemi come la malnutrizione, l’insicurezza alimentare, la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico.

Svolgono questo ruolo anche se gli alimenti ultra-lavorati sono legati a gravi problemi di salute , tra cui l’obesità, il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e i disturbi mentali, e a danni ambientali, tra cui la perdita di biodiversità e la massiccia proliferazione della plastica in tutto il mondo.

Quanto scoperto, ha detto Slater, “solleva importanti problemi di salute pubblica e di governance”.

Ha affermato che “le istituzioni multi-stakeholder potenzialmente nascondono gli effetti nocivi dell’industria degli alimenti ultra-lavorati sulla salute umana e planetaria, oltre a fornire ai dirigenti dell’industria un ‘posto a tavola’ privilegiato negli spazi decisionali della governance alimentare globale”.

Per affrontare il problema, secondo Slater, sono necessari cambiamenti strutturali e normativi per garantire che gli interessi di questi potenti attori non vengano anteposti alla salute e alla sostenibilità del sistema alimentare. Questo include “l’urgente necessità di risposte coordinate a livello globale per affrontare i danni causati dagli alimenti ultra-lavorati”.

“I dirigenti dell’industria dei prodotti alimentari ultra-lavorati sono al posto di comando”

I ricercatori hanno analizzato sistematicamente i protagonisti delle principali istituzioni multi-stakeholder che influenzano la politica alimentare globale, utilizzando dati provenienti da siti web, rapporti aziendali, ricerche di mercato e letteratura accademica e politica.

Hanno analizzato 45 istituzioni che collaborano con le istituzioni multilaterali, tra cui le agenzie delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per sviluppare le politiche alimentari a livello globale.

Hanno scoperto che molte organizzazioni come la Sustainable Food Policy Alliance [Alleanza per le politiche alimentari sostenibili] fondata da Danone, Mars Inc, Unilever e Nestlé), la Sustainable Agriculture Initiative Platform [Piattaforma per le iniziative agricole sostenibili] (fondata da Danone, Nestlé e Unilever), la Forest Positive Coalition del Consumer Goods Forum [Forum dei beni di consumo] FReSH (acronimo di Food Reform for Sustainability and Health initiative [Iniziativa di riforma alimentare per la sostenibilità e la salute], fondata dal WBCSD) hanno consigli di amministrazione e comitati direttivi guidati al 100% da produttori e rivenditori di alimenti ultra-lavorati.

Altri importanti operatori hanno tra la metà e i due terzi delle posizioni di leadership occupate da produttori, rivenditori e altre aziende associate agli alimenti ultra-lavorati.

I ricercatori hanno anche scoperto che le multinazionali del cibo ultra-lavorato che detenevano il maggior potere all’interno delle istituzioni di politica alimentare – come PepsiCo, Unilever, Nestlé e Coca-Cola – detenevano anche il maggior numero di membri in istituzioni multi-stakeholder incentrate sull’inquinamento da plastica.

I ricercatori hanno mappato la complessa rete, con una dimensione del cerchio proporzionale al numero di collegamenti con altri gruppi della rete.

  • I cerchi grigi rappresentano le istituzioni multi-stakeholder;
  • i cerchi rossi rappresentano le aziende di alimenti ultra-lavorati;
  • i cerchi arancioni rappresentano le imprese associate e i donatori;
  • i cerchi viola rappresentano le organizzazioni no-profit;
  • i cerchi blu rappresentano le organizzazioni delle Nazioni Unite.
Agricoltori e allevatori rete degli stakeholder
Credit: Slater, S., Lawrence, M., Wood, B. et al.

Hanno scoperto che le istituzioni sfruttano i legami con le agenzie delle Nazioni Unite, i governi, le organizzazioni non governative e gli istituti di ricerca – su cui hanno molta influenza – per legittimare i loro progetti.

Questi legami proteggono le aziende dalle responsabilità, hanno scritto gli autori. In altre parole, hanno collegamenti diretti con iniziative che promettono qualche tipo di beneficio per la salute o per l’ambiente, ma non devono intraprendere azioni significative o modificare le pratiche aziendali.

Questa tendenza, il “blue washing” [una moralizzazione di facciata, NdT], si riferisce alle aziende che proiettano valori aziendali, pratiche di governance e un’immagine socialmente responsabile attraverso la loro associazione con le Nazioni Unite, hanno scritto.

Di conseguenza, il multi-stakeholderismo “fornisce un meccanismo con cui le aziende alimentari transnazionali possono essere coinvolte nel processo decisionale senza che i loro dirigenti siano i protagonisti degli spazi di governance alimentare globale”, ha affermato Slater.

Invece, le istituzioni multi-stakeholder sono “in prima linea” in spazi politici come il Vertice sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite, ma poiché dietro le quinte i dirigenti del settore alimentare ultra-lavorato dominano i loro consigli di amministrazione, sono loro “a trarre profitto da soluzioni specifiche (o dall’inazione e dal mantenimento dello status quo)”.

Queste organizzazioni si sono concentrate sull’espansione dell’agricoltura industriale “per servire i mercati globali a spese dei sistemi agricoli su piccola scala e dei diritti degli agricoltori”, ha scritto l’esperta di salute e reporter investigativa Nina Teicholz in un’analisi dell’articolo su Substack .

Citando un recente articolo di ricercatori olandesi e statunitensi, Teicholz ha affermato che ciò ha portato alla crescita di una “agricoltura senza agricoltori”.

Ha detto:

“Le scoperte contenute nell’articolo sollevano interrogativi sulla legittimità delle politiche alimentari globali in quanto il pubblico nel cui interesse vengono elaborate non è sufficientemente rappresentato”.

“Sebbene queste istituzioni [multi-stakeholder institutions] dichiarino di avere missioni altruistiche, presentando foto commoventi di persone povere e delle attività dei membri – affermando, in definitiva, una ‘narrativa dell’inclusione’ – le prove dimostrano che i dirigenti dell’industria di alimenti ultra-lavorati [ultra-processed food] sono al posto di comando”.

Piccoli agricoltori e produttori di alimenti integrali tagliati fuori dal processo

Sebbene le istituzioni multi-stakeholder includano molti attori, secondo gli autori, un “punto critico” è che gli agricoltori e le aziende che producono alimenti integrali e minimamente lavorati sono esclusi dalla maggior parte delle istituzioni analizzate e dal modello multi-stakeholder in generale.

“In altre parole, i produttori di alimenti integrali – gli allevatori e i coltivatori che non particano l’agricoltura intensiva – non hanno praticamente alcun posto al tavolo nelle numerose conferenze, riunioni e tavole rotonde che determinano la politica alimentare collettivamente”, ha scritto Teicholz nel suo commento all’articolo.

Questo importante cambiamento nella politica alimentare, scrive l’autrice, è iniziato intorno al 2000, quando l’attenzione della politica alimentare globale si è spostata dalla sicurezza alimentare all’ambiente e i paesi del nord globale hanno iniziato a promuovere l’agricoltura industriale e ad escludere dalla conversazione i piccoli agricoltori.

Oggi, scrive Teicholz, ciò si estende anche agli allevatori di bestiame, che in molti paesi europei sono costretti ad abbattere il loro bestiame o a chiudere le loro aziende per ridurre le emissioni di gas serra.

Ha aggiunto:

“Per lo stesso motivo, i leader mondiali chiedono ai paesi di emanare linee guida per una dieta a base vegetale che riduca drasticamente il consumo di carne nei paesi ricchi.

“Quasi 100 sindaci di grandi città hanno inoltre sottoscritto un impegno globale per ridurre le emissioni derivanti dagli alimenti di origine animale, dando vita a misure come i venerdì vegani di New York per i bambini delle scuole.

“Molte altre politiche alimentari delle multinazionali sono in corso, ma quelle che mirano a ridurre gli alimenti di origine animale sembrano quelle perseguite in modo più aggressivo – e probabilmente avranno il maggiore impatto sulla salute umana.”

Le grandi multinazionali del cibo si stanno affrettando a investire in ” sostituti proteici completamente nuoviprodotti in laboratori e fabbriche o, nel caso degli insetti, allevati nelle fattorie”, scrive l’autrice, spinta da progetti come il Good Food Institute, che propone di nutrire il mondo con carne coltivata o a base vegetale.

Slater ha detto che le istituzioni multi-stakeholder e l’industria degli alimenti ultra-lavorati tendono a spingere anche politiche come “soluzioni di sviluppo dei sistemi alimentari guidate da tecnologia, innovazione, riformulazione degli alimenti ultra-lavorati, finanziarizzazione e digitalizzazione“, tra le altre.

In altre parole, ha detto, sostengono il tipo di soluzioni “in cui le multinazionali alimentari sono necessarie come elemento centrale e possono ancora fare profitti”.

Teicholz ha detto che una prospettiva potrebbe essere che le aziende stanno rispondendo in buona fede alle richieste urgenti del cambiamento climatico, ma una “visione più scettica” è che stanno cercando nuovi modelli per i loro nuovi prodotti.

“Se queste aziende hanno semplicemente fatto un passo nella direzione giusta, allora buon per loro”, ha scritto. “Purtroppo l’intera storia del capitalismo ci insegna il contrario”.

Foto di copertina Taras Yasinski da Pixabay

Carogiù

”La saggezza arriva con l’abilità di essere nella quiete. L’essere nella quiete, l’osservare e l’ascoltare, attiva in voi l’intelligenza non concettuale. Lasciate che la quiete diriga le vostre parole e le vostre azioni.“ ~ Eckhart Tolle

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