Dopo che il mio vecchio e onorato Honor ha deciso di fare un tuffo in mare, mi sono ritrovato nella condizione di dover acquistare un nuovo smartphone.
A quasi 8 anni di distanza dall’ultimo acquisto, non mi ero reso ben conto di quanto fosse andata avanti l’industria degli smartphone tanto che per poter scegliere il dispositivo più adatto alle mie esigenze, mi sono attenuto alle esigenze base.
Non che sia un tipo esigente, infatti entrando in negozio ho notato che i cartellini illustrativi mostravano già quelle che sono le caratteristiche principali che un cliente ricerca, ovvero: memoria ram, sistema operativo, potenza fotocamera, potenza cpu, supporto schede sim, e da qualche tempo la predisposizione al 5G e al metodo di pagamento NFC.
Le ultime due non mi interessano e chi legge questo blog può facilmente immaginare il perché.
La cosa che mi ha colpito nel bancone è stata che le decine di smartphone in esposizione erano praticamente tutti uguali. Una scatoletta con un display, per me troppo grande, e le fotocamere sul retro, stop. I prezzi variavano dagli 80 euro fino ai 1000 euro.
Personalmente ero orientato su un altro Honor che costava sui 250 euro, offerta comprensiva di cuffie Bluetooth.
Dopo essermi fatto spiegare un pò di caratteristiche dall’addetto, mi sono reso conto che non volevo spendere quei soldi per una scatoletta multimediale dalle mille funzionalità che non avrei mai utilizzato, per cui mi sono deciso su un modello che ne costava 140 che si sarebbe aggiornato dopo la prima accensione. La memoria RAM è 4 volte più potente del precedente telefono e lo spazio 8 volte maggiore.
Così mi ritrovo a dover riconfigurare tutte le opzioni di privacy e sicurezza, perché Android monta di base tutta una serie di servizi Google che sono preinstallati sullo smartphone e che difficilmente l’utente finale, in questo caso io, riesce a disabilitare o bypassare.
Questa potente invasione di campo da parte di Google sugli smartphone Android è ormai una questione annosa. La posizione dominate del colosso americano è stata negli anni avallata da pratiche commerciali ai limiti della legalità tanto che nel 2018 La Commissione Europea aveva già inflitto a
Google un’ammenda di 4,34 miliardi di € per pratiche illegali riguardanti i dispositivi mobili Android volte a rafforzare la posizione dominante del motore di ricerca di Google.
Solo di recente, anche negli Stati Uniti, un giudice federale ha stabilito per la prima volta che Google è un monopolista e detiene una posizione illegale sul mercato dei motori di ricerca.
Da canto mio ho sempre sostenuto che le prepotenti azioni delle Big Tech si traducono in meno scelta e più sorveglianza per i consumatori, rendendo ormai invisibile quella sottile linea rossa che distingue un pacco di merce da un cliente, il quale è considerato né più né me no che alla stregua di una risorsa da sfruttare e far rendere.
Le conseguenze di questa sentenza, a seconda di come verrà applicata, faranno la differenza tra una ricerca più condizionata e condizionante dai privati o più libera e pluralista per noi consumatori, utenti, clienti o merce.
L’ultima cosa ad essere rimasta sulla Terra a poter essere trasformata in merce, siamo noi e stiamo pagando per farci dominare.
Shoshana Zuboff
La scrittrice racconta che «La nostra esperienza umana privata è tradotta in dati comportamentali che vengono inviati fino alle grandi aziende produttrici di beni e servizi che grazie all’utilizzo di IA prevedono il nostro comportamento per “migliorare i servizi offerti”». Ne ho già scritto nel seguente articolo:
Il contesto della vaccinazione di massa non dovrebbe sorprendere i più avveduti, ovvero quelli che la società dell’ordine costituito considera “complottisti”.
Curioso, perché un complottista ordisce un complotto, non lo svela. Questa malevola abitudine delle élite di capovolgere il significato dei concetti e delle parole, chi è che fa così? Ah sì! Un certo Satana a quanto pare.
Comunque tornando alla configurazione dello smartphone ho scoperto che dal dicembre 2020, per noi europei e come conseguenza della condanna del 2018, diverse funzionalità di Gmail e di altri prodotti Google sono state disabilitate e pertanto dobbiamo essere noi utenti ad attivarle e si spera consapevolmente.
Per entrare nel merito della questione, elenco di seguito alcune istruzioni per configurare queste funzionalità, così come riportate nelle impostazioni di Gmail.
Le funzionalità degli altri prodotti Google che dipendono dai dati di Gmail, Chat e Meet includono:
- Promemoria dell’assistente per le fatture in scadenza
- Maps che mostra le prenotazioni dei ristoranti
- Travel che raggruppa i tuoi itinerari
- Google Pay che mostra le carte fedeltà
- Mappe offline suggerite per i viaggi in programma
Anche le nuove funzionalità aggiunte man mano a questi prodotti che dipendono dai tuoi dati saranno controllate da queste impostazioni.
Non posso non notare che è subito “consigliato” di attivare l’assistente Google (il primo che ho disabilitato, nda). In questi pochi passaggi non puoi non notare che è praticamente passato a setaccio quasi ogni aspetto della tua vita. Interessante la parte delle carte fedeltà che approfondisco. Google riporta:
Aggiungere una carta fedeltà o una carta regalo
Aggiungi una carta fedeltà effettuandone una scansione o accedi all’account della tua carta fedeltà per salvarla.
Nota: se sulla carta regalo è presente il logo di una rete (come MasterCard o Visa), dovrai aggiungere la rete come metodo di pagamento.
- Apri l’app Google Pay .
- In basso a destra, tocca Aggiungi > programma fedeltà o Buono regalo.
- Trova e tocca il commerciante o il nome del programma.
- Segui le istruzioni sullo schermo.
Modificare l’ordine delle carte fedeltà o regalo
- Apri l’app Google Pay.
- Tocca la parte inferiore dello schermo e scorri verso l’alto.
- Tieni premuta la carta che desideri spostare.
- Scorri verso l’alto o verso il basso per spostare la scheda.
- Rilascia la carta.
Devo per forza attivare Google Pay, che non attivo. Vado avanti e arrivo a questa schermata:
Mi fermo, sono stufo. Avrei dovuto “scegliere” [ACCETTO] ogni volta che compariva, così mi sarei risparmiato tutte queste “libertà di scelta”.
Beato chi ha colto l’ironia di questo diabolico gioco delle parti. Google ti offre decine e decine di possibilità di personalizzazione e configurazione delle opzioni di privacy e sicurezza, e da questo punto di vista è forse anche uno tra i più completi e migliori, e te le presenta quasi come fossero un gioco.
Ma allora se questo è il tavolo da gioco forse è meglio essere clienti che merce, con l’illusione di “avere sempre ragione”, anche se resteremmo sempre prigionieri di un sistema.
Va da sé che come primo vero passo un emancipazione della propria libertà non è da sottovalutare questa piccola grande rivoluzione nel considerare il proprio ruolo nel sistema, prima di, eventualmente, abbandonarlo e/o rielaboralo “a propria immagine e somiglianza” (spero che qualcuno colga anche qui… nda). A tal proposito consiglio la visione del seguente video:
Il risultato di questo tuffo nell’oceano di opzioni da configurare, che dovrebbero darci più libertà, è che ho disabilitato la maggioranza delle funzionalità Google del mio nuovo smartphone Android.
Sul PC fisso sono poi finalmente passato a Linux, installando la Cinnamon Edition della distribuzione Linux Mint 22 “Wilma”. Ho anche scoperto che esistono smartphone con Linux! Anche se però mi dicono non essere ancora così performanti e adatti al, diciamo, consumatore comune.
Non chiedetemi dettagli tecnici perché tutto quanto ho trattato fin qui è stato fatto da semplice utente.
Nel prossimo articolo, però, vi darò qualche dritta su come installare una tastiera e un dettatore per Android completamente open source, poiché è perfettamente inutile avere app di messaggistica super segrete e criptate end-to-end, quando poi il punto debole è il collo di bottiglia della tastiera Microsoft o il riconoscimento vocale di Google, tramite i quali veniamo continuamente intercettati e spiati con l’invio dei dati, contribuendo inconsapevolmente al sostentamento di questo sistema malato e marcio in cui viviamo.
fonti:
– https://quifinanza.it/economia/google-sentenza-chrome-android/844659/
Foto di copertina Kris da Pixabay