L’autoritarismo sembra guadagnare sempre più terreno in certe fasce di popolazione.
Questo fenomeno rientra un pò anche nel dna dell’iataliota medio che Montanelli identificò precisamente quando disse che:
Mussolini capì che per piacere agli italiani bisogna dargli una piccola fetta di potere con diritto di abusarne
Montanelli
Ciò non centra nulla col fatto che attualmente ci sia un governo di “destra”, poiché certi eventi che hanno palesemente ricordato i tempi bui del fascismo (quello vero non quello contonuamente ricicciato dalla propaganda sinistrata, nda) hanno cominciato a prendere piede proprio durante la psicopandemia, oggi ne stiamo cogliendo i frutti marci.
Ritengo che certe derive possano arginarsi solo conoscendole e analizzandole con un sano pensiero critico, per cui propongo le considerazioni di Alessandro Bagnato. I corsivi sono miei.
Gli attentati a Fico e Rubio segnano il passo decisivo verso l’autoritarismo
Si susseguono senza sosta eventi di grandi rilevanza, da ultimo l’incidente (attentato?) al presidente iraniano Raisi, la richiesta di mandato d’arresto del procuratore della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e il provvisorio verdetto su Assange.
Si rischia in questi casi di correre dietro all’ultima notizia tralasciando in fretta la penultima, finendo così per non approfondirne nessuna.
Merita pertanto tornare su due episodi accaduti non più di una settimana fa, dei quali forse non è stata colta tutta la gravità: a distanza di poche ore un attentatore ha tentato di uccidere il premier slovacco Robert Fico e e sei energumeni hanno aggredito con martello e mattoni Chef Rubio, personaggio televisivo impegnato a favore di Gaza.
Più volte nei miei scritti ho citato la piramide dell’odio. Ne esistono versioni leggermente diverse, riporto qui quella che viene considerata l’originale.
E’ uno schema che rappresenta i diversi livelli di intolleranza che si possono registrare in una società. Si parte dagli stereotipi e i pregiudizi (act of bias) e si tende a salire, passando attraverso la discriminazione lavorativa (act of discriminations) e sociale (act of prejudice) e le minacce (act of bias-motivated violence) fino ad arrivare al genocidio.
Quando si giunge allo stadio della violenza fisica contro gli avversari ideologici, ci troviamo al livello immediatamente precedente a quello più estremo.
Per quanto una dose di intolleranza sia sempre presente in ogni società, in epoca Covid abbiamo cominciato a scalare velocemente i gradini della piramide.
L’odio indirizzato verso le persone definite in senso dispregiativo “no-vax” è via via cresciuto dalla derisione agli insulti, all’isolamento sociale, alle discriminazioni sul lavoro, all’esclusione sociale e alle minacce.
In rete fioccavano gli auguri alla categoria di finire nelle camere a gas o di essere uccisi in ospedale ove si fosse stati ricoverati e nelle TV imperversavano politici, opinionisti e influencer che auspicavano le cannonate, come ai tempi di Bava Beccaris, o la fucilazione per diserzione.
Ricordo alcuni amici che all’epoca mi raccontavano di essersi trovati alla porta di casa un cartello con la scritta “maledetti no-vax”.
La violenza verbale verso un gruppo sociale è stata resa non solo accettabile ma in un certo senso moralmente obbligatoria e che poi si sia dimostrato a posteriori che tutte le questioni che queste persone avanzavano sui cosiddetti vaccini erano corrette, nulla aggiunge al senso dell’analisi.
Il processo è stato ripetuto con la guerra in Ucraina, utilizzando la categoria del filo-putiniano, del pacifinto, ecc, nella logica dell’etichettatura spregiativa – il framing – come primo passo verso la disumanizzazione del nemico. E’ il passaggio che permette di sentirsi giustificati nell’esercitare contro di lui l’odio e la violenza.
Anche in questo caso il tempo ha mostrato che le ragioni di merito stavano dalla parte dei perseguitati e anche in questo caso il dettaglio è ininfluente, se avessero avuto torto l’analisi sarebbe la medesima.
L’intolleranza verso le minoranze critiche si è replicato con la questione climatica, al punto che si è arrivati a licenziare la direttrice dell’ARPA di Milano dopo un’intervista in cui aveva messo cautamente in forse la responsabilità dell’uomo sui cambiamenti del clima.
L’etichetta di “negazionisti climatici” ha svolto la medesima funzione di quelle che abbiamo ricordato in precedenza. E lo stesso meccanismo è stato poi utilizzato nel dibattito sul genocidio di Gaza, a carico di chiunque osasse denunciare l’evidenza e cioè che Israele sta procedendo allo sterminio di un popolo inerme.
Giornali, politici e opinionisti hanno creato la categoria dei filo-Hamas e sono ricorsi a quella sempreverde di antisemita. Un atteggiamento che paradossalmente ha difeso a spada tratta lo Stato in cui la scalata verso la cima della piramide dell’odio sembra essersi completata, avendo raggiunto, dopo decenni di continua risalita, il grado del genocidio.
Così almeno mostrano i sondaggi, che continuano a dire che, per quanto la fiducia in Netanyahu sia ai minimi termini, è la maggioranza della popolazione israeliana a sostenere l’operazione dell’esercito a Gaza.
Ora, gli agguati a Fico e Rubio segnano un salto di livello decisivo.
Per quanto gli omicidi di capi di stato o presidenti siano comuni nella storia, una serie di elementi pongono quanto capitato in Slovacchia in una luce più preoccupante.
Fico ha ripetutamente espresso posizioni nettamente in contrasto con i poteri egemoni sulle questioni più calde degli ultimi anni, chiedendo una soluzione diplomatica del conflitto ucraino, schierandosi contro il trattato pandemico OMS e aprendo un’indagine seria sulla truffa Covid e sull’operazione di forzata inoculazione che ne ha costituito parte essenziale.
La storia ci insegna che la NATO e i servizi anglosassoni non hanno mai tollerato chi tocca i loro interessi vitali e queste questioni lo sono.
Ma questa volta il messaggio che hanno inviato – stanno emergendo sempre più chiaramente i legami tra l’attentatore e i servizi ucraini, e quindi anglosassoni – è indirizzato soprattutto alle opinioni pubbliche interne ai paesi occidentali, tra le quali le idee di Fico sono sempre più diffuse.
Il premier slovacco è stato colpito per intimidire chi le promuove, soprattutto, ma non solo, se ha posizioni di potere.
E l’intero blocco mediatico che fa da megafono ai poteri egemoni non ha perso tempo a costruire una narrazione coerente con il messaggio che si vuole far intendere. L’attentatore è stato presentato come un poeta idealista e non violento (!), mentre la vittima come un despota, per di più no vax, putiniano e vicino ad ambienti ‘ndranghetisti.
Tradotto: Fico se le è andata a cercare, esagerando nelle sue posizioni al punto di fare uscire dai gangheri perfino un’anima nobile. Quindi, attenti a non comportarvi come lui, potrebbe capitarvi lo stesso.
Chi è Robert Fico, il premier slovacco accusato di ’Ndrangheta tra l’amicizia con Putin e la guerra ai giornalisti
Un ritratto del leader progressista di Bratislava trasformatosi in un populista xenofobo, No Vax e amico di Putin che ha messo nel mirino magistrati, media e ong
LaRepubblica.it
L’agguato a Chef Rubio è ancora più significativo.
Di fronte a un fatto gravissimo, che ricorda molto da vicino le azioni delle squadracce fasciste, la nostra stampa ha tenuto un silenzio vergognoso (che strano! direbbe Malanga).
Il giorno successivo nessun quotidiano riportava l’accaduto, tranne il Fatto Quotidiano, in un misero trafiletto. Un comportamento omertoso che si lascia intendere come implicita autorizzazione a proseguire con azioni simili.
Il messaggio è chiarissimo: voi fate e noi non diciamo nulla, nemmeno quando un dissidente viene ridotto così →
Per comprendere quanto sia lontano dai canoni di una stampa libera il comportamento tenuto dall’informazione sul caso Rubio, è utile usare la legge di reciprocità, immaginando cosa sarebbe accaduto se un simile pestaggio fosse toccato a Burioni ad opera di un suo odiatore non vaccinato.
Le prime pagine di tutti i giornali sarebbero stati piene di titoloni per giorni, commenti sdegnati, interviste strappalacrime, descrizioni raccapriccianti. L’episodio sarebbe diventato argomento di tutti i talk show e avremmo assistito a istituzioni, dal Presidente della Repubblica in giù, prodigarsi in esternazioni compunte, magari precipitarsi a visitare il malcapitato in ospedale.
E se al posto di Burioni e del non vaccinato ci mettessimo un esponente della comunità ebraica quale la Segre colpito da un attivista pro-Palestina, il quadro sarebbe lo stesso.
In questo caso, invece, non solo nulla di questo accade ma si fanno spallucce anche davanti a un discorso come quello pronunciato da Pacifici, ex-presidente della comunità ebraica israeliana.
Così l’esimio arringava poco tempo fa la folla contro i professori che osavano denunciare il genocidio di Gaza:
Orsini e D’Orsi, siete dei delinquenti siete dei delinquenti. Orsini e D’Orsi, vi veniamo a prendere.
Nello stesso discorso, il personaggio aveva usato parole non troppo diverse riguardo a Chef Rubio e chissà se i sei che gli hanno teso l’agguato ne hanno preso spunto.
Occorre riconoscere che gli episodi di Fico e Rubio, e il comportamento a riguardo della stampa e delle istituzioni, marcano il definitivo abbandono da parte della società occidentali dei canoni democratici.
E’ il completamento di un processo che, pur in atto da tempo, ha subito l’accelerata decisiva in epoca Covid. In quei giorni persino il prudente Washington Post ammetteva che le restrizioni pandemiche italiane erano un esperimento volto a comprendere fino a che livello si possono ridurre gli spazi democratici senza che il popolo si ribelli.
Da allora il processo è proceduto velocissimo, normalizzando ciò che pareva impensabile.
(vedi finestra di Overton, nda)
Abbiamo assistito alla legalizzazione della censura con il Digital Services Act della UE, al divieto per i relatori scomodi di parlare ai convegni (Varoufakis in Germania è solo il caso più celebre), alla riscrittura sistematica della storia anche tramite interventi mirati su Wikipedia, (vedi Strage di Odessa e molto altro), alla repressione violentissima delle manifestazioni di dissenso (dal porto di Trieste alle proteste pro-Gaza nelle università americane), al blocco dei conti correnti dei manifestanti (vedi i camionisti canadesi), all’incitamento all’odio etnico (a farne le spese i russi), ecc..
Fino alla messa in approvazione di leggi che prevedono il carcere per i medici che non si allineano alla “scienza” ufficiale (è il caso della Francia) oppure reati di opinione punibili anche retroattivamente (nel caso del Canada).
Nel frattempo si cerca di chiudere un trattato che dà all’OMS, organizzazione più privata che pubblica, pieni poteri su tutte le nazioni del mondo, fornendole un’esplicita autorizzazione a superare le garanzie costituzionali e il rispetto dei diritti umani. Senza dimenticare che stiamo continuando a giustificare e favorire, inviando armi a Israele, uno sterminio che va avanti da sette mesi.
Legge del 10 maggio 2024 volta a rafforzare la lotta contro gli abusi settari e a migliorare il sostegno alle vittime
Nuovo reato di provocazione all’abbandono o all’astensione dalle cure, agevolata la denuncia delle associazioni delle vittime… La legge intende rispondere al preoccupante aumento degli abusi settari, in particolare terapeutici.
fie-publique.fr
il Canada di Trudeau castra la libertà di espressione
Tra Orwell e Dracone, un provvedimento preteso dal premier Justin Trudeau che rischia di assestare un colpo esiziale alla libertà di espressione.
IlGiornale.it
C’è chi obietta con sufficienza che la democrazia occidentale è viva e vegeta, lo proverebbe il fatto che un articolo come questo possa venire pubblicato.
Costui mostra di non cogliere il punto.
Ogni dittatura o totalitarismo lascia qua e là qualche nicchia di libertà e garantisce almeno parzialmente alcuni diritti.
Ciò è dovuto da un lato dall’impossibilità di occupare per intero e con continuità tutto lo spazio sociale, dall’altro dalla necessità di garantirsi quel minimo di consenso che gli è necessario per perpetuarsi.
Nei regimi comunisti, per quanto fossero fortemente compresse le libertà civili – di parola, di movimento o di stampa – restavano fortemente protetti i diritti sociali. A tutti era garantito un lavoro e un’esistenza dignitosa e nessuno era costretto a dormire per la strada, a differenza di quanto capita oggi in Occidente.
Estremizzando, anche durante il nazismo la gente poteva godere di una sostanziale autonomia almeno nella sua sfera privata: andava in villeggiatura, frequentava gli amici, studiava, lavorava.
Che restino nelle società occidentali degli spazi di libertà non è quindi determinante.
La questione è se sia garantita la possibilità di uscire dai recinti in cui il potere intende rinchiudere, mettendone in discussione la legjttimità dei confini e delle basi sui quali esso è costruito. In Occidente non solo quel recinto sta diventando sempre più piccolo ma, propro come nei regimi più autoritari, non si tollera più che esso venga messo in discussione nei suoi fondamenti.
In quel caso i profili social vengono chiusi, i video censurati, le persone messe alla gogna e, possiamo aggiungere oggi, squadre di criminali arrivano sotto casa e ti riducono in fin di vita, nel silenzio generale di istituzioni e informazione. Che (ancora) la repressione non sia generalizzata non cambia la sostanza della questione. Sostenere che i nostri non si possano chiamare regimi autoritari solo perché qualche diritto si può ancora faticosamente esercitare assomiglia molto ad affermare che non si può chiamare violenza uno stupro ogni volta che la vittima non viene anche uccisa.
Il cardine della democrazia non è, contrariamente a quanto si pensa, il rispetto del principio di maggioranza ma il rispetto delle minoranze.
Anche nel regime hitleriano e in quello sovietico (almeno per alcuni decenni), il potere aveva un amplissimo sostegno popolare. A fare la differenza con i regimi democratici era la repressione delle minoranze, ideologicamente sostenuta da un odio nei loro confronti aizzato dal potere.
Ogni autoritarismo ha bisogno di un nemico interno contro cui scatenare la maggioranza della popolazione.
E’ stato nella storia il controrivoluzionario, la quinta colonna, l’ebreo, la spia, l’anti-patriottico, il disfattista, il disertore, ecc. Oggi il nemico è colui che si oppone all’ideologia che si vorrebbe pensiero unico.
Sono coloro che denunciano la truffa vaccinista e vengono chiamati no-vax, coloro che denunciano il genocidio di Gaza e vengono chiamati filo-terroristi (o antisemiti), coloro che chiedono di usare la diplomazia per far cessare la guerra ucraina e vengono chiamati filo putiniani.
E ancora sono coloro che chiedono l’uscita dalla UE e vengono chiamati sovranisti, coloro che denunciano l’ideologia gender e vengono chiamati omofobi, coloro che denunciano la truffa climatica e vengono chiamati negazionisti, coloro che puntano il dito contro il sistema della moneta a debito, coloro che chiedono l’uscita dalla NATO, ecc. ecc.
Come nelle più spietate dittature, oggi nelle società occidentali puoi dire tutto ma non quello che mette in crisi i pilastri fondanti del potere oligarchico neoliberista. Allora diventi un nemico, il potere ti aizza il popolo contro e cerca di schiacciarti.
La verità è che oggi in Occidente, della democrazia restano solo le paillettes. Ma dietro il luccichio che ancora ipnotizza la maggioranza della popolazione, non è rimasto quasi più nulla.
Avremo la forza di fermarci prima dell’abisso?
di Alessandro Bagnato su Sfero
Pubblicato il 22 maggio 2024 alle 16:11
Personalmente ritengo che la forza ce l’abbiamo, ma come collettivo umano non ne abbiamo ancora preso completamente coscienza. tuttavia, per chi li sa riconoscere, ci sono numerosi segnali che il Bene e l’Amore stanno lavorando incessantemente in silenzio e ricordo sempre a me stesso che è il male a fare più rumore.
Foto di copertina Rosy / Bad Homburg / Germany da Pixabay